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HARVEY, CONIGLIO BIANCO PASSAPORTO PER LA FELICITÀ

6/9/2014

1 Comment

 
TEATRO. La celeberrima commedia di Chase allo Spazio Bixio. Meritato Successo per la Micromega Capitanata da Pasetto
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VICENZA Se un giorno, passando per strada, vi sentite salutare da un coniglio bianco alto 1 metro e 87 centimetri appoggiato a un lampione, non stupitevi. Bando all'incredulità e ricordatevi, invece, che quello potrebbe essere il vostro passaporto per la felicità. Come e perché ce lo spiega "Harvey", celeberrima commedia di Mary Chase che giunse al debutto a Broadway nel 1944, ultimo anno di guerra, e andò incontro a un clamoroso successo guadagnandosi, oltre a un premio Pulitzer, una trasposizione cinematografica (1950) avente per protagonista l'attore sicuramente più adatto alla circostanza, James Stewart. In quel momento, anche l'America era arcistufa di notizie belliche, e sentiva il bisogno di tornare a sognare qualcosa di migliore. Evidentemente il copione della signora Chase (la quale né prima né dopo conobbe mai altrettanta popolarità), frutto di diciotto (!) riscritture, azzeccò la formula esatta. Ma ancora adesso, a ben guardare, la storia dell'ineffabile coniglio Harvey conserva per intero il proprio incantevole fascino di favola moderna. Elwood P. Dowd, ovvero il signore benestante e alcolico che passa il tempo in compagnia del suo invisibile amico dalle lunghe orecchie e dai buoni consigli, è contento così. È gentile con tutti, mite e inoffensivo, offre volentieri da bere, piace alle signore per i modi cortesi, per i fiori che regala. Semmai, sono la sorella e la nipote a ritenere un problema quella originale frequentazione, per entrambe essa è addirittura un imbarazzante motivo di disdoro sociale, e da ciò deriva la decisione di internare Elwood. Ma, a scompaginare il piano familiare, intervengono due elementi: il fatto che nelle cliniche psichiatriche si possono trovare dottori e infermieri mica tanto più a piombo dei loro pazienti, e la vera natura del peloso Harvey: che è un "pooka", ovvero un benevolo demonietto delle leggende celtiche (e qui il rimando non può non andare allo shakespeariano Puck). Ovviamente sarà lui a vincere la partita, convincendo tutti della necessità di lasciare il buon Elwood preda della sua candida fantasticheria, condizione certo più beata della nostra di uomini e donne impegolati nella vita normale, quella condita da immancabili cattiverie. Divertente, sottilmente corrosivo nei confronti delle convenzioni mondane e di certa medicina più autoritaria che autorevole, non privo di poesia, "Harvey" è un racconto sempre simpatico da frequentare. Mettendolo in scena con garbo e brio, la compagnia veronese Micromega diretta da Andrea Di Clemente e Renato Biroli ne ha giudiziosamente assecondato il quadro d'epoca e, pur nelle ridotte dimensioni dello Spazio Bixio, s'è mossa agevolmente accompagnando gli spettatori attraverso due atti sostenuti da un ritmo convincente. Se Enrico Pasetto è riuscito a restituire con spontaneità la cortese follia di Elwood, Ilaria Duzzi ha saputo calarsi con la dovuta e comprensibile frenesia nel ruolo di Veta, ma l'intera e numerosa truppa scaligera - Sandra Duzzi, Dina Milani, Anna Gesuita, Alessandra Montolli, Roberto Ripamonti, Lorenzo Goldin, Gaetano Costa, Gisella Matta e Nadia Beverina - è arrivata a meritarsi gli applausi affettuosi di una sala ancora una volta al completo.
Antonio Stefani
Il Giornale di Vicenza 
16/04/2012

1 Comment
Nicola Cox link
12/6/2020 05:02:09 pm

Great post, thankyou

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